Le stanze dell'addio

20.11.2018

"Nel tempestoso Atlantico del mio essere, io sempre godo di una muta calma nell'intimo e, mentre pesanti pianeti di dolore incessante mi ruotano intorno, laggiù in fondo continuo a bagnarmi in un'eterna soavità di gioia." 
Herman Melville

Un uomo che non riesce a dire addio alla persona amata. Uno struggente viaggio alla scoperta di un mondo senza di lei e, la dolorosa scalata verso la rinascita. Tutto questo Yari Selvetella lo descrive nel suo ultimo libro "Le stanze dell'addio", liberando dal carcere del proprio essere pezzi di dolore, vomitati dopo aver subito la morte della compagna. Un libro autobiografico che tuttavia viene descritto come se l'autore fosse uno spettatore del proprio "io" mentre attraversa le stanze dell'addio. Lacerato nell'animo, egli è però consapevole di essere vivo (sono stanco e sono solo, ma continuo a essere forte... ho bisogno di così poco per dirmi vivo e finalmente perfino di così poche domande e di una sola nostalgia per accorgermi di esserci). Egli percorre quelle stanze (che tutti prima o poi siamo destinati a visitare) consapevole che Barbablù possa apparire da un momento all'altro. Proprio come Achab in Moby Dick, l'autore interiorizza i vari sentimenti: la paura dell'ignoto, la non accettazione della morte, la verità, la convenzionalità delle cose ordinarie. Elementi che dominano il romanzo sono il tempo e il mare. Il tempo, di cui Selvetella ad un certo punto scrive: "il tempo che si muove è una murena nel mio petto" e ancora:" oh, il tempo. il tempo è potere. Se lo smembri e lo sminuzzi, secondo dopo secondo, diventerà un poligono con così tanti lati da sembrare un cerchio perfetto." Il mare, simbolo di vita ( il ventre materno) ma anche di morte ( il fiume Ade, lo tsunami, il diluvio universale) o di oblio ( il fiume Lete) si incontrano fra le righe asciutte di un uomo che non vuole essere commiserato, che non si vergogna di piangere o di vagare come un senzatetto in quell'ospedale che ha accolto l'ultima speranza di una donna che non è più, ma che sarà sempre fra la polvere di vecchi scaffali, in un vecchio baule, fra i ricordi arrugginiti di un uomo che pretende il diritto di ritornare ad amare. Un libro scritto con un linguaggio genuino che non mira a complessi artefici ma solo al cuore e, che alla fine, ci pone dinnanzi alla domanda: "esiste un addio che sia davvero per sempre?" Probabilmente no, ma se niente è per sempre, neppure il dolore lo è: basta aprire il cuore all'amore, senza pensare all'eternità.

Giovanna Iammucci

TITOLO: Le stanze dell'addio

AUTORE: Yari Selvetella

GENERE: Romanzo

EDITORE: Bompiani

PAGINE: 185p. Brossura

CONSIGLIABILE: Sì  

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